Titolo originale: Finalmente la felicità
Commedia – durata 93 min.
Italia 2011 – Medusa
Uscita venerdì 16 dicembre 2011
Benedetto è un musicista quarantenne con un unico sogno in testa: aprire una scuola dove i ragazzi possano scoprire la musica avvicinandosi e scegliendo gli strumenti in maniera istintiva e naturale. Nel frattempo, insegna al Conservatorio di Lucca aspettando una seconda felicità, dopo che la prima gli è stata sottratta da un collega tronfio, diventato un acclamato maestro di musica classica al posto suo con una sinfonia intitolata, appunto, “Felicità”. La svolta arriva durante una confusa riunione di condominio, quando suonano alla porta i postini televisivi di Maria De Filippi con una lettera scritta da una bellissima ragazza brasiliana, che sostiene di essere la sorella adottata a distanza tanti anni prima.
Con qualche leggera variazione d’aria, da quindici anni e da dieci film, Leonardo Pieraccioni compone ogni biennio la stessa allegra partitura per la commedia italiana natalizia. Una veloce mazurca, una melodia candida e disinvolta da suonare in controtempo alla greve fanfara del cine-panettone di Christian De Sica & Co. Ingenui e romantici sognatori sostituiscono volgari imprenditori o erotomani arricchiti, e la placida autarchia dei paesaggi toscani seppellisce pacificamente l’eterno scontro fra milanesi e romani. Ma, alla fine, è sempre la stessa musica. E anche se i ritmi produttivi sono meno serrati di quelli della squadra di De Laurentiis, i formulari delle storie dell’intrattenimento natalizio appaiono ugualmente rigidi.
Ancora nell’occhio di quel ciclone sentimentale fatto di belle donne straniere e di uomini dall’animo semplice che aspettano l’arrivo dell’amore come un colpo di vento, Pieraccioni realizza l’ennesima favola eterea e sentimentale. Dall’incipit narrato con voce fuori campo all’happy ending forzato, dai comprimari traditi e depressi a quelli belli e traditori, Finalmente la felicità appare fin dal titolo come la parafrasi dei film precedenti (Il ciclone, Il paradiso all’improvviso), l’ennesima cover dei suoi stessi successi. Tanto che il rigore con cui il comico toscano ricerca l’epilogo zuccheroso ad ogni costo non si capisce se sia più l’espressione scomposta di un animo inguaribilmente buonista o lo scaltro meccanismo di una sceneggiatura negligente.
Nel mezzo, scorrono romantiche goffaggini che coinvolgono suore in preghiera e insolazioni imbarazzanti, di cui resta più una vaga idea che un vero ricordo. Oltre all’impressione sempre più certa che il vero antidoto alla volgarità non sia la leggerezza e l’inconsistenza o la battuta facile e aspirata come la “c” toscana. E che il ripetersi all’infinito di gag e romanticherie non aiuti davvero a digerire il cine-panettone.
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